IL TRIBUNALE
    Ha pronunziato la seguente ordinanza alla pubblica udienza del  21
 gennaio   1992   sull'eccezione   di   illegittimita'  costituzionale
 sollevata dal p.m. relativamente al disposto dell'art. 23 del c.p.p.;
    Sentito il difensore dell'imputato;
                              R I L E V A
    Con sentenza  in  data  18  dicembre  1990  il  pretore  di  Udine
 dichiarava  la  propria  incompetenza  per  materia  nel procedimento
 penale sub n. 357/90 r. dib.  fissato  a  carico  di  Cossio  Giulio,
 imputato  "del reato di cui agli artt. 37 e 46 del d.m. 8 luglio 1924
 per aver fabbricato clandestinamente litri 4 di grappa dalla resa  di
 complessivi  litri  anidri  30,  o comunque illecitamente detenuto la
 grappa abusivamente fabbricata; in Pozzuolo  del  Friuli  8  febbraio
 1990".
    Il  pretore  riconosceva che competente a giudicare tale reato era
 il tribunale di Udine, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.  21
 della  legge  7  gennaio  1929,  n.  4,  di conseguenza declinando la
 propria competenza per materia ed  ordinando  la  trasmissione  degli
 atti al tribunale di Udine.
    Costi'  giunti  gli  atti, il presidente della sezione penale, con
 decreto in data 22 aprile 1991, disponeva - ai sensi degli artt.  465
 del c.p.p. e 143 delle disp. att. - la rinnovazione della citazione e
 la  comparizione  dell'imputato  avanti  al  tribunale  di  Udine per
 l'odierna udienza.
    In tal modo applicatasi la norma dell'art. 23 del  c.p.p.  secondo
 una  lettura  che non pare consentire una diversa interpretazione, si
 determina, ad avviso del tribunale, una disparita' di trattamento nei
 confronti di persone  imputate  del  medesimo  titolo  di  reato  che
 presenta  connotati  di  rilevanza  e  di  non manifesta infondatezza
 rispetto agli artt. 3, primo comma, e 24 della Costituzione.
    Infatti, risulta evidente  che  l'imputato  Cossio  Giulio  -  sol
 perche'  l'azione  penale  nei  suoi confronti e' stata esercitata da
 parte di p.m. non funzionalmente competente e avanti  a  giudice  del
 pari  incompetente,  nell'ambito  di  un  procedimento,  quale quello
 pretorile, caratterizzato da meccanismi diversi da quelli propri  del
 giudizio  avanti  al  tribunale  -  si trova ora privato non solo del
 preliminare giudizio da parte del giudice per l'udienza  preliminare,
 ma  altresi'  -  e  soprattutto  -  interdetto  dalla possibilita' di
 richiedere il giudizio abbreviato.
    Tale   situazione  processuale  -  conseguente  alla  applicazione
 dell'art. 23 del c.p.p. - risulta contrastare sia con il principio di
 uguaglianza del cittadino di fronte alla legge, sia  con  quello  del
 pieno  esercizio  dei  diritti  di  difesa,  atteso  che  il  dettato
 dell'art. 23 del  c.p.p.  stesso,  facendo  riferimento  al  "giudice
 competente"  lo  individua  come  quello  competente  per il giudizio
 dibattimentale,  implicitamente  escludendosi  che   detto   articolo
 consenta una regressione del processo in una fase precedente a quello
 del  giudizio,  come  avverrebbe  se  si  comprendesse  nel  "giudice
 competente"  di  cui  all'art.  23  del  c.p.p.  anche   il   giudice
 dell'udienza preliminare dinnanzi al tribunale.
    Del  resto,  accogliendo quest'ipotesi, il g.u.p. del tribunale si
 troverebbe a decidere sulla  base  di  richieste  formulate  da  p.m.
 funzionalmente   a   lui  non  correlato;  l'importanza,  nella  fase
 requirente, di detto raccordo  si  evince  sia  dall'art.  22,  primo
 comma,  del  c.p.p., sia dalla ordinanza della s.C. n. 13479/90 del 4
 luglio 1990 (emessa in relazione al procedimento di riesame  ex  art.
 309 del c.p.p.).
    Ne'  pare  possibile  dare  applicazione,  al  caso in esame, alla
 sentenza della Corte costituzionale n. 81 del 28  gennaio15  febbraio
 1991  consentendo  la  proposizione  dell'istanza  di rito abbreviato
 dinnanzi  al  tribunale,  in  quanto  si  verrebbe  in  tal  modo  ad
 introdurre   nell'ordinamento   una  nuova  disciplina  dell'istituto
 processuale di cui agli artt. 438 e segg. del c.p.p., mediante  cioe'
 interpretazione   analogica   con   effetto   normativo  cui  puo'  -
 eventualmente - ricorrere soltanto la Corte costituzionale e non gia'
 il giudice ordinario.
    Ritenuta pertanto la non manifesta  infondatezza  e  la  rilevanza
 della dedotta eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 23
 del  c.p.p.  nella  parte in cui impone la trasmissione diretta degli
 atti al tribunale competente per il giudizio,  in  caso  di  rilevata
 incompetenza per materia del pretore.